Ancona, 26 giugno 1920: la Regia Guardia e la ribellione dei Bersaglieri

- ANPS - Ufficio Storico
«Per tre giorni, le guardie regie furono impegnate in scontri a fuoco coi bersaglieri e con le forze insurrezionali, cercando di liberare le caserme strette d’assedio e contendendo vie e piazze palmo a palmo. Giunti i necessari rinforzi da Roma, le forze armate passarono dal contenimento al contrattacco e sedarono definitivamente la rivolta. Il compito più delicato fu affidato proprio alla colonna formata dalla Regia guardia […] che, partendo dalla caserma della stazione ferroviaria assediata dai rivoltosi, mosse verso i quartieri popolari della città per riassumerne il controllo, conducendo un’operazione dal carattere prettamente militare. Sotto la copertura dei colpi sparati da una torpediniera della marina militare, le guardie assaltarono la postazione strategica del forte Scrima e ne espugnarono la resistenza, ponendo fine ai moti anconetani».
Terminata la guerra la speranza dei militari di tornare alle proprie case, veniva infranta dalla decisione del Governo di inviare ulteriori truppe in Albania, questo causava vivi malumori tra i bersaglieri di stanza ad Ancona, scelti per il detestato incarico. Alcuni tra loro la notte prima della partenza, prevista per l’alba del 26 giugno 1920, decidevano di organizzare una rivolta all’interno della loro caserma: la Villarey.Un pugno di militari che puntavano all’appoggio di parte della popolazione, della CGL, di socialisti, anarchici e dei movimenti antimilitaristi - opportunamente allertati - secondo un copione che diverrà noto: improvviso sciopero generale, assalto a presidi militari e di polizia, interruzione delle comunicazioni, asportazione di armi e munizioni, erezione di barricate, cruenti fratricidi scontri a fuoco con la forza pubblica.Poiché i locali presidi territoriali della stessa venivano facilmente sopraffatti il Questore, per espugnare le ampie zone della città cadute in mano rivoltosa – tra cui Forte Scrima, ben difeso dalla natura del terreno che lo circonda e dai nidi di mitragliatrice - chiedeva ingenti rinforzi, che giungevano da Venezia e Roma: con «Marcia pedestre accelerata dalla caserma di Via Flaminia» un Battaglione R. Guardia (550 uomini) raggiungeva la Stazione Termini per partire su un treno speciale per Ancona manovrato dal Genio ferrovieri.Superati alcuni ostacoli nei pressi di Terni, il 27 giugno il treno raggiungeva il litorale adriatico protetto dall’artiglieria navale che batteva le aree a ridosso dei binari, da dove i rivoltosi, al passaggio del convoglio, aprivano il fuoco.
 Cadeva il tenente Umberto Rolli, ma il battaglione, espugnata la Stazione ferroviaria di Ancona, aveva la meglio su Forte Scrima.Durante il 28 giugno la Regia Guardia, soffocati gli ultimi focolai, procedeva nei sobborghi di Ancona al ripristino dei presidi di polizia e al rastrellamento di armi.Oltre alle Marche (soprattutto Jesi, Osimo, Tolentino, Macerata, Fabriano e Pesaro), altri scontri si accendevano nelle vicine Umbria e Romagna: altri morti e feriti tra gli uomini di legge.Intanto il presidente del Consiglio Giolitti, sollecitato dalle opposizioni, presa a pretesto la rivolta di Ancona per agire senza perdere la faccia, firmava un concordato con Tirana e ritirava le truppe dal Paese.
La rivolta vedeva rimanere sul campo 26 uomini (11 tra la forza pubblica ) e 79 feriti registrati negli ospedali: ad Ancona cadevano il vice commissario d’Aria Pierantonio, il Vicebrigadiere Fargione Sante, il Tenente Rolli Umberto, l’Agente investigativo Luigi Cristallini e a Jesi la Guardia Masotto Eugenio. Nomi inscritti in una lapide marmorea esposta per lungo tempo nell’atrio della locale Questura, per la cui inaugurazione venne realizzata una cartolina postale (collezione Quintavalli). Negli Anni ‘90 la lapide è stata rimossa e le ultime notizie la danno abbandonata in qualche scantinato della Questura.