La Polizia Politica in Età liberale

La Polizia Politica 1



Con Della Polizia il funzionario di prefettura Piero Celli nel 1881 chiariva la mission della polizia politica: tutelare i diritti politici sorti con lo Statuto Albertino (1848): «I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati dalla legge penale».Ma, poiché «all'ombra del diritto di associazione e di riunione» il governo temeva l’azione silenziosa delle estreme (mazziniani, anarchici, repubblicani, affiliati all’Internazionale e clericali), perennemente sospettate di «mire ed azioni […] dirette ad abbattere la forma del governo esistente», la Pubblica Sicurezza esercitava un diritto naturale di osservazione su tutti i corpi e movimenti politici, anche quelli non ancora assurti al Parlamento del Regno.I Presidenti del consiglio dei governi avvicendatisi – firmati Destra Storica e Sinistra Storica -, favoriti dall’interim del Ministero dell’interno, affidarono alla Pubblica Sicurezza un ruolo particolare: il monitoraggio sui partiti di opposizione e quelli minori e, sul piano sociale, sulle «classi pericolose per la società, gli oziosi e i vagabondi». Categorie di individui che, con in meno abbienti, erano escluse dal diritto al voto.Voto che, fino agli Anni ottanta, la legge elettorale riconosceva al 2% dei 22 milioni di abitanti, in pratica l’Italia degli uomini che contano: nobili, imprenditori, industriali, proprietari terrieri, professionisti, creando una voragine di rappresentanza politica tra le masse di contadini, operai, lavoratori e tutte le donne.Un potenziale bacino elettorale che, con l’ampliamento del corpo elettorale a oltre il 7 % per una nuova legge firmata nel 1882 dalla Sinistra storica di Agostino Depretis, poteva finalmente rivolgersi al Partito della Democrazia, al Partito dell'Estrema radicale, al Partito radicale, che conseguivano complessivamente un apprezzabile 5% (33 seggi su 508 alla Camera).La legge erodeva l’egemonia dei partiti storici aggiungendo alle loro agende un nuovo ostacolo: fare i conti con le estreme che, con le successive consultazioni, triplicavano i seggi aprendo uno scenario dove l’informazione politica (sui partiti, gli incarichi di responsabilità delle organizzazioni, sui circoli di lavoratori, giornalisti e organi di stampa non schierati, i piani di fronde e fazioni, gli accordi sottobanco oltre alle reali intensioni e ai proclami ufficiali) diveniva fondamentale.Sul piano sociale, stante le persistenti difficoltà di bilancio i vari governi non riuscivano a sollevare le condizioni economiche e sociali di varie aree del Paese - attanagliato da un profondo divario tra Nord, Est e Sud - concausa di una diffusa criminalità, un’incalzante emigrazione e la conflittualità tra classi sociali, che il legislatore colpiva penalmente e sbeffeggiava nell’immagine.La schedatura di movimenti e corpi politici d’opposizione e delle estreme e, più in generale, l’attività della Pubblica sicurezza nei primi anni del Regno si legavano a vecchie diffidenze e recenti memorie di angherie e soprusi, retaggio di quando l’ufficio di polizia si confondeva con le polizie segrete di quella parte dell’Italia sotto il giogo straniero vessata dalla detestata polizia di Vienna. Una «terribile jena» con le sembianze di Luigi Bolza, temuto informatore della polizia austriaca, uomo senza scrupoli mosso da egoismi e denaro autore di numerosi arresti di patrioti.



Al fine di tutelare l'ordine pubblico, inteso come andamento della vita sociale priva di turbamenti (prevalentemente di natura politica), Polizia e Carabinieri stroncano quelle condotte che sfociano nell’«eccitamento all'odio fra classi» fino al punto di interpretare l'incolpevole fanciullo che viola la propria classe scolastica come una minaccia all'ordine sociale.